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lunedì 23 luglio 2012

«Siamo nati e non moriremo mai più»


di GIOIA PALMIERI  su Giornale del Popolo del 30.06.2012

Scandalo. Sconcertazione. Ammirazione. Rabbia in alcuni casi. In questi ultimi 15 giorni chiunque sia venuto a conoscenza della vita di Chiara Corbella Petrillo e di suo marito Enrico, ne è stato sicuramente segnato. Non importa se dalla conversione o dall’avversione a Dio, la testimonianza della giovane coppia romana ci ha mostrato una posizione straordinaria, ma umanamente possibile nei confronti della vita e della morte, di fronte alla quale, in un modo o nell’altro, molti ci stanno facendo i conti. Il popolo di internet continua a cliccare su youtube per ascoltare direttamente da lei la sua storia e a lasciare commenti ammirati o velenosi su questa vicenda, dai forum su Vanity Fair a quelli più autorevoli nel mondo cattolico. Chiara è morta il 13 giugno di questo anno, a 28 anni. Si era sposata pochi anni fa con il marito Enrico. I due si conoscono durante un pellegrinaggio mariano, entrambi frequentavano la parrocchia. Poco tempo dopo aspettano un figlio: «Avevo appena concluso la triennale - raccontava lei direttamente - e molti ci chiedevano come avremmo fatto a mantenerci economicamente con un bambino. Ma noi sapevamo che il buon Dio ci avrebbe sostenuto». Pochi mesi dopo alla bimba viene diagnosticata un’anencefalia (una malformazione congenita grave dove il nascituro appare privo totalmente o parzialmente dell’encefalo) che non permette sopravvivenza dopo la nascita. Durante la diagnosi Chiara è da sola con la ginecologa e racconta: «La piccola si ciucciava il dito, come potevo andare contro di lei? Desideravo sostenerla. Avrei dovuto dirlo a mio marito, ma non sapevo come fare. Perché Dio mi aveva affidato questo compito? Allora ho pensato alla Madonna a cui Dio ha donato un figlio che non era destinato a lei e al suo rapporto con s. Giuseppe. Allora ho capito che il buon Dio aveva un progetto su di noi che io al momento non potevo capire, ma solo accogliere. E il primo miracolo è stata la risposta di mio marito: “È nostra figlia e la terremo così come è”». Chiara ed Enrico affrontano i mesi di gravidanza sostenuti dalle famiglie, dagli amici, in particolare da un’inaspettata amicizia con la ginecologa e dalla preghiera personale e comunitaria che man mano va estendendosi anche a gruppi di sconosciuti. «Tante sono state le persone attorno a noi e molte quelle che avrebbero voluto risparmiarci la sofferenza. “Siete liberi di scegliere”, ci ricordavano, ma sul valore di una vita c’è molta confusione. Il Signore invece mette la verità nel cuore di ognuno di noi e non c’è possibilità di fraintenderla. La piccola, con calci e movimenti costanti, si è fatta sentire tanto, come a ricordarci che era lì per noi». La coppia avrebbe voluto vivere questo dolore in riservatezza invece uno degli effetti collaterali della malattia è l’abbondanza di liquido amniotico e una circonferenza sproporzionatamente grande per la mamma...  (...) «Con il mio pancione il Signore ha voluto che in ciò che ci stava accadendo testimoniassimo la sua grandezza. Andando in giro molti ci fermavano augurandoci che il piccolo “fosse sano”. Eravamo così lieti della presenza di Maria che la gente non poteva associare la nostra felicità alla sofferenza», racconta ancora Chiara. In vista della nascita la coppia aveva chiesto a Dio solo due cose: un parto naturale e la possibilità di battezzare viva la piccola ed è stata esaudita. «La sua mezz’ora di vita non ci è sembrata breve. Ha potuto conoscere l’abbraccio del padre e dei familiari ed essere battezzata. L’abbiamo accompagnata insieme alla morte. Se l’avessimo abortita non avrei mai vissuto il momento della sua morte come una festa, come uno dei più belli della mia vita, ma come un dramma da dimenticare», conclude la giovane mamma. Qualche mese dopo è di nuovo incinta, ma le prime ecografie confermano che anche questo bambino, Davide, nascerà con gravi malformazioni incompatibili con la vita. Senza paura e con il sorriso sulle labbra Chiara ed Enrico scelgono ancora una volta di far nascere il loro bambino accompagnandolo alla morte. Dopo poco tempo, accolgono ancora un’altra vita, lieti, fiduciosi e saldi nella fede. Chiara aspetta Francesco, un bimbo stavolta in piena salute, ma al quinto mese arriva una nuova prova: a Chiara viene diagnosticato un carcinoma alla lingua. Chiara ed Enrico combattono ancora sostenuti dalla compagnia di amici, di sacerdoti e da un fede incrollabile. Decisi a portare avanti la gravidanza, rinunciano alle cure contro il cancro per il bene di Francesco. Dopo la nascita del piccolo Chiara si sottopone a un intervento chirurgico radicale e poi ai successivi cicli di chemio e radioterapia. Ma la diagnosi arriva presto: ormai è in fase terminale. Il buon Dio le regala un anno di vita accanto a Francesco e al marito, durante il quale combatte la malattia serena, lieta, fino ad arrivare ad ammettere: «Forse la guarigione in fondo non la voglio: un marito felice e un bambino sereno senza la mamma rappresentano una testimonianza più grande rispetto ad una donna che ha superato una malattia. Una testimonianza che potrebbe salvare tante persone… ». E così è stato. Poco prima di morire, lo scorso 13 giugno, dice al parroco: “Siamo qua con le lanterne accese. Attendiamo lo sposo”. Per il suo funerale chiede proprio di indossare l’abito nuziale, segno di una donna che aveva in chiaro a chi apparteneva la sua vita. Il mistero della vita di Chiara trasforma anche il funerale di una mamma di 28 anni in festa, con il marito che anima i canti della messa, con più di mille persone stipate e noncuranti del caldo. Lo scorso 15 giugno nella parrocchia di Santa Francesca Romana concelebrano 20 sacerdoti e il card. Vallini, prefetto della diocesi di Roma, che la chiama “una seconda santa Gianna Beretta Molla”. Enrico legge un’ultima lettera che Chiara ha lasciato al figlio: «È bello avere degli esempi di vita che ti ricordano che si può pretendere da Dio il massimo della felicità, anche qui su questa terra, anche quando si lotta contro un drago che divora il corpo». Il marito, ai giornalisti e ai curiosi che in questi giorni lo interrogano, spiega: «A mio figlio da grande gli racconterò di come è bello lasciarsi amare da Dio, perché se ti senti amato puoi fare tutto. Questa, secondo me, è l’essenza, la cosa più importante della vita: lasciarsi amare, per poi a nostra volta amare e morire felici. E gli racconterò che questo ha fatto mamma Chiara. Lei si è lasciata amare. Averla vista morire felice per me è stata una sconfitta della morte. Oggi, so che c’è una cosa bellissima di là che ci aspetta», confermando così le parole più famose della moglie: «Siamo nati e non moriremo mai più».

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