Benedetto XVI segue il Cristo che si spoglia di tutto,
anche del proprio Io.
All’annuncio
della rinuncia di Benedetto XVI all’ufficio di Pietro ho provato sentimenti
simili a quando Giovanni Paolo II, dopo aver pronunciato le parole “lasciatemi
andare”, è partito per il Cielo.
Incredulità e
difficoltà a capire. Si è affacciata persino la tentazione di interpretare la
resistenza di Giovanni Paolo II sulla croce in contrasto con un presunto
abbandono di Benedetto XVI. Poi, una parola, mi ha aiutato: «Non accumulate per
voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassinano
e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine
consumano e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché, dov'è il tuo
tesoro, là sarà anche il tuo cuore». (Mt 6,19-21). Certamente il cuore e il
tesoro di Benedetto XVI sono con Cristo. Sia lui che Giovanni Paolo II ci hanno
mostrato e ci mostrano lo stesso tesoro. Poi anche il commento alla stampa di
Radio Maria, con gli articoli commentati da padre Livio mi anno rinforzato
nella comprensione di questo gesto.
Giovanni
Paolo II ha seguito il Cristo sofferente che rimane abbracciato alla croce fino
all’ultimo respiro. Benedetto XVI segue il Cristo che si spoglia di tutto,
anche del proprio Io ancorato al mondo e alla sua logica di potere e di
successo a tutti i costi. Cristo disse: «è bene per voi che io me ne vada,
perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado,
lo manderò a voi» (Gv 16,7). Benedetto XVI ha detto qualcosa di simile: lascio
per il bene della Chiesa, dato che non sono più in grado di fare bene il
compito affidatomi. Dunque, è bene per la Chiesa che mene vada. Preghiamo,
perché Dio mandi un altro, che possa continuare bene.
Inoltre sono interessanti due precendenti biblici:
Uno è Mosé. Esodo 17: "Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. "
In seguito lascia ad altri il compito di portare il popolo nella terra promessa, quando sente che il suo compito è finito (Deuteronomio 31,2). E infatti, dice Benedetto XVI all'angelus del 24.02.2013: "«In questo momento della mia vita, il Signore mi chiama a salire sul monte, a dedicarmi ancor di più alla preghiera e alla meditazione».
Uno è Mosé. Esodo 17: "Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. "
In seguito lascia ad altri il compito di portare il popolo nella terra promessa, quando sente che il suo compito è finito (Deuteronomio 31,2). E infatti, dice Benedetto XVI all'angelus del 24.02.2013: "«In questo momento della mia vita, il Signore mi chiama a salire sul monte, a dedicarmi ancor di più alla preghiera e alla meditazione».
Il secondo è Gesù stesso che, sfinito, passa la croce a Simone Cireneo...
- Le parole esatte del Papa: «Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede. Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura. Ringrazio tutti per l’amore e per la preghiera con cui mi avete accompagnato. Grazie! Ho sentito quasi fisicamente in questi giorni, per me non facili, la forza della preghiera, che l’amore della Chiesa, la vostra preghiera, mi porta. Continuate a pregare per me, per la Chiesa, per il futuro Papa. Il Signore ci guiderà».
- Poi all’udienza del 13 febbraio: «Cari fratelli e sorelle, come sapete ho deciso ... [applausi] - grazie per la vostra simpatia! - ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato il 19 aprile 2005. Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede. Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura. Ringrazio tutti per l’amore e per la preghiera con cui mi avete accompagnato. Grazie! Ho sentito quasi fisicamente in questi giorni, per me non facili, la forza della preghiera, che l’amore della Chiesa, la vostra preghiera, mi porta. Continuate a pregare per me, per la Chiesa, per il futuro Papa. Il Signore ci guiderà».
Alcuni
pensieri di altri:
- …Rinunciare rappresenta un fallimento per il mondo, è un gesto di debolezza per il mondo, nel quale si 'è' solo se ci si afferma, a ogni costo. La logica della debolezza non è del mondo. Del mondo è la logica del potere e dell’egoismo. Per questo il tuo gesto è un gesto di libertà dall’io e non di fuga da Dio, nel quale ti vuoi rifugiare del tutto per continuare a sostenere la Chiesa più e meglio. Con questo gesto fai trionfare una logica diversa, un logos diverso. Quello di chi sa che la sua preghiera silenziosa vale tanto quanto la sua azione, e lascia quest’ultima a chi può meglio di lui portarla avanti. Doveva suonare allo stesso modo, fastidiosa e inspiegabile, la frase di Cristo ai suoi: «È bene che io me ne vada perché venga a voi un altro consolatore». Anche Cristo sembra tirarsi indietro, ma così vince: lascia lo spazio alla potenza dello Spirito, non si lascia legare neanche dalla sua condizione umana, dà tutto, anche quella, si espropria di tutto se stesso… (Alessandro D’Avenia su Avvenire, 13 febbraio 2013)
- …Quest’uomo non conosce traccia di orgoglio, nemmeno quel piccolo orgoglio del bambino che gioca bene al pallone e i compagni ammirano. È tutta la vita che ammira, non immagina minimamente di poter essere ammirato. Come un saggio antico ha forgiato dall’adolescenza il carattere all’insegna della cancellazione di ogni vanità, anche veniale. È umanissimo in tutto, soprattutto nel sorriso, nei lampi di divertimento negli occhi, nel modo un po’ timido in cui procede. Ma delle debolezze umane orgoglio e vanità non lo sfiorano, non lo conoscono…. (Roberto Mussapi su Avvenire, 15 febbraio 2013)
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